Con la sentenza del 29 Febbraio 2016, il Consiglio di Stato respinge il ricorso presentato dal governo riguardo l’inclusione dell’indennità di accompagnamento ai fini del calcolo del reddito secondo il nuovo modello Isee. Il nuovo Isee (dpcm 159/2013) varato dal governo Letta, ma entrato in vigore con il successivo governo Renzi, ha inserito diverse modifiche rispetto il suo predecessore causando non poche critiche sul suo testo. Tra le modifiche più contestate vi è stata sin dall’inizio quella riguardo l’inserimento nel calcolo del reddito dei contributi ricevuti a fini assistenziali cosicché un beneficiario di tali contributi si sarebbe trovato da un giorno all’altro “più ricco” perdendo di fatto alcuni diritti a ulteriori aiuti. Questa situazione ha mosso numerose critiche e molte famiglie e associazioni come “Stop al nuovo Isee”, hanno presentato ricorso al TAR, i quali sono stati accolti già un anno fa, chiedendo una ridefinizione del metodo di calcolo del reddito. Tuttavia il Governo non si è adeguato alla sentenza modificando il decreto, e assieme alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri del Lavoro e dell’Economia hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato. La sentenza, pubblicata il 29 febbraio, da però di nuovo ragione alle famiglie bocciando di fatto un’altra volta il governo. In particolare si legge nelle motivazioni “Deve il Collegio condividere l’affermazione degli appellanti incidentali quando dicono che “ricomprendere” tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – e i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno al disabile” continua il Consiglio di Stato “Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa”. Pertanto, “la «capacità selettiva» dell’Isee, se deve scriminare correttamente le posizioni diverse e trattare egualmente quelle uguali, allora non può compiere l’artificio di definire reddito un’indennità o un risarcimento, ma deve considerarli per ciò che essi sono, perché posti a fronte di una condizione di disabilità grave e in sé non altrimenti rimediabile”. Esultano quindi i ricorrenti. “Ero sicura che il Consiglio di Stato ci avrebbe dato ragione! Questa è la prova che in Italia la giustizia ancora esiste, a dispetto di quanto vogliono farci credere – commenta emozionata Chiara Bonanno, una delle promotrici del ricorso – È una sentenza storica, perché nata dalla volontà di tante persone e famiglie vessate da una legge iniqua e ingiusta e da un governo che si è mostrato persecutorio nei nostri confronti. La prima sentenza del Tar – ricorda la Bonanno (promotrice campagna #maipiùsoli) – era infatti immediatamente esecutiva. Ma per due anni il governo ha continuato ad applicare un Isee palesemente ingiusto, che ha creato ingiustizie, gravi danni e perfino morti. Perché chiedere a famiglie allo stremo di compartecipare alle spese dell’assistenza significa colpire con forza chi forza non ha. Chi ha fatto questa legge ha creato gravi danni economici, ma soprattutto alla dignità di queste persone. Davide ha vinto contro Golia: tante persone debolissime si sono letteralmente trascinate dal notaio, per firmare il mandato all’avvocato. E’ stato faticosissimo fare tutto questo: ma abbiamo vinto. I deboli hanno sconfitto il potere. E oggi festeggiamo”. La reazione del governo alla sentenza è stata affidata alle parole del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Paoletti, che in una nota fa sapere: “Il nostro Governo ha applicato una normativa approvata in dal precedente Governo e sulla quale si erano espresse positivamente le commissioni parlamentari. Ci siamo impegnati nell’attuazione del nuovo Isee ritenendolo un indicatore più veritiero e meglio costruito del precedente, oltre che con un sistema di controlli rafforzato: come sta dimostrando il monitoraggio che pubblichiamo ogni trimestre, è infatti complessivamente un indicatore più equo e che garantisce un accesso più giusto alle prestazioni sociali, anche nel caso delle persone con disabilità. Come Governo non possiamo che prendere atto della sentenza appena depositata dal Consiglio di Stato – ha concluso Poletti – e provvederemo ad agire in coerenza con questa decisione”. Stando alle parole del Ministro sembra quindi chiudersi questa polemica tra le famiglie e il nuovo ISEE polemica che sarebbe potuta essere facilmente evitata da una maggiore lungimiranza da parte del governo, specie dopo la sentenza (n. 2459 dell’11/2/20159) del TAR che aveva già dato ragione alle famiglie. Ne è conseguita la proposizione di un ricorso al Tar da parte di numerose famiglie in difficoltà a causa delle disposizioni del nuovo modello ISEE, da cui ha preso le mosse un lungo e travagliato percorso. La vicenda sembrava conclusa ad inizio 2015, quando il Tar aveva accolto tale ricorso con sentenza immediatamente esecutiva. Ma tale sentenza, era stata sistematicamente ignorata dalle Istituzioni, le quali avevano continuato ad applicare il precedente modello ISEE ed il Governo stesso aveva presentato un appello al Consiglio di Stato; la vicenda, ricordiamo, era nata con la promulgazione, durante il Governo Letta, del nuovo ISEE. Esso, pensato per evitare abusi ed elusioni, aveva inserito i contributi assistenziali nelle voci del reddito disponibile, arrivando addirittura a precludere l’accesso a nuove indennità a migliaia di famiglie.
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